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Draghi: rischi limitati. Resta l'allerta globale

di Rossella Bocciarelli, Morya Longo e Marigia Mangano

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Le principali banche del mondo hanno aperto il mercato dei derivati già domenica. Una sessione straordinaria per cercare di ridurre l'onda d'urto del crack di Lehman Brothers. Il problema è che ancora oggi nessuno ha capito come sarà questo nuovo terremoto finanziario e quanti contratti derivati ruotano intorno alla banca americana. Se si pensa che solo le posizioni del suo portafoglio ammontano a 729 miliardi di dollari di valore nominale e che a questa cifra vanno aggiunti tutti i derivati di credito costruiti sui bond della banca Usa, è facile ipotizzare che si va oltre i mille miliardi di dollari. Basta questo per capire la gravità della situazione: l'effetto domino può essere devastante. E un impatto ci sarà anche in Italia. Sull'entità però Bankitalia – dopo un consulto con Isvap e Consob – ha lanciato un messaggio rassicurante: «Da una prima ricognizione risulta che in Italia il rischio di controparte e il tasso di esposizione nei confronti di Lehman appaiono nell'aggregato limitati». E anche le tante società che hanno lavorato con Lehman (da Telecom Italia a Finmeccanica, da Enel a Eni fino a Seat Pagine Gialle) riferiscono che le loro esposizioni sono «poco significative».

Il domino globale
I problemi legati all'amministrazione controllata di Lehman Brothers sono molteplici. Ma il più grosso, e forse quello che rischia di avere le conseguenze peggiori sul resto del mondo, riguarda i contratti derivati. Si tratta di strumenti finanziari diffusissimi (nel mondo ammontano in totale a 455mila miliardi di dollari) che servono per trasformare una valuta in un'altra o per assicurare dal fallimento di qualunque emittente obbligazionario. E proprio qui inizia il rischio di effetto domino.
Il primo conto per la bancarotta lo pagano infatti tutte le banche o istituzioni finanziarie che hanno assicurato gli investitori – attraverso i cosiddetti credit default swap – contro l'insolvenza delle obbligazioni emesse da Lehman Brothers. Ora che il crack c'è stato, chi aveva stipulato queste particolari "polizze" andrà a chiedere ai vari "assicuratori" di risarcirgli il danno: consegnerà quindi loro le obbligazioni Lehman del valore di carta straccia e in cambio otterrà il rimborso totale. E qui nasce il primo problema. Lehman ha sul mercato obbligazioni per un totale di 613 miliardi di dollari: le banche e le assicurazioni di tutto il mondo dovranno dunque risarcire gli investitori per almeno questa cifra.
Il secondo problema nasce per chi, nel corso degli anni, ha utilizzato Lehman Brothers come controparte per assicurarsi contro il rischio di default di qualunque emittente obbligazionario. Ora che Lehman è saltata, ovviamente le sue garanzie assicurative non valgono più nulla. È un po' come se fallisse la compagnia assicurativa con cui un automobilista ha stipulato la polizza per la sua auto. Morale: gli investitori di tutto il mondo devono scegliere se restare senza polizza oppure se cercare un'altra controparte. E restare senza copertura, per molti, non è un'opzione. Il primo risultato è già agli atti: ieri le principali banche di tutto il mondo erano bersagliate di telefonate di investitori in cerca di nuove controparti. Il rischio, però, è che non ci sia posto per tutti.
Il conto dovranno pagarlo poi tutti quelli che con Lehman hanno stipulato tutti gli altri tipi di derivati: valutari, di tasso e così via. È il caso, per esempio, delle società che hanno emesso obbligazioni con la consulenza di Lehman: dato che spesso i bond hanno dei derivati (swap) sottostanti, tutti questi emittenti si trovano senza controparte. L'unica soluzione, quindi, è di chiudere il derivato con Lehman e di riaprirne un altro. Ma con quali conseguenze? Qui si aprono mille problemi legali. E probabilmente tante perdite.
Per cercare di ridurre al minimo l'impatto le maggiori banche del mondo hanno creato un fondo da 70 miliardi di dollari, con l'obiettivo di far fronte a temporanee crisi di liquidità. E anche le banche centrali sono intervenute. Da domenica, inoltre, i principali operatori del gigantesco mercato dei derivati stanno cercando di incrociare le varie esposizioni per cercare di annullarle – almeno dove possibile – l'una con l'altra. Ma, nonostante questi tentativi, il rischio di un effetto a catena resta elevato.

Rischi limitati per l'Italia
L'onda lunga si sente ovviamente anche nel nostro Paese. Bankitalia ha già gettato acqua sul fuoco. E la Consob ha comunicato di avere in corso «un attento monitoraggio». Precisazioni d'obbligo, se si pensa che Lehman Brothers è sempre stato uno dei principali operatori sul mercato italiano. Sono noti, in proposito, i legami storici che legano Telecom Italia e la banca d'affari americana: solo tre mesi fa Telecom Italia è tornata sul mercato obbligazionario con un'emissione da 2 miliardi di dollari curata da anche da Lehman Brothers. Fonti vicine al gruppo telefonico sottolineano però che «le posizioni in derivati risultano contenute». Anche l'Eni fa sapere che allo stato attuale, «risultano in essere posizioni in derivati finanziari su tassi d'interesse che presentano un differenziale di mark to market da riconoscere ad Eni di ammontare non significativo». La situazione è però in piena evoluzione, tanto che se da Terna escludono alcun impatto («appena un milione di euro»), dagli ambienti vicini all'Enel e a Seat si fa sapere «che la situazione si sta ancora valutando» Fonti finanziarie fanno poi sapere che sia l'Eni che l'Enel avrebbero dato mandato a Hsbc per chiudere tutte le operazioni in derivati dei due gruppi con Lehman e riaprirli con la banca britannica.
  CONTINUA ...»

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